lunedì 5 dicembre 2011

Mare

Battaglia gloriosa

Nella pelle negra della notte solo un puntino . Niente di importante , un graffietto rosso , passerà ... Un attimo dopo il graffio sembra non guarire: ma è normale a volte si allargano un po' , basterà aspettare . Ma il tempo non lavora a favore della notte : il graffio è una ferita la ferita uno squarcio e il rosso preme alle spalle , deborda . Le truppe cammellate delle nuvole accorrono in soccorso ma anche loro si macchiano di rosso che il loro sangue umido stempera in arancio. Ora la coltre sembra divisa in 2 e il campo di battaglia ormai è¨ una provincia dove nuove truppe accorrono con divise bianche e azzurre . Ormai non c'è quasi più¹ pelle da ferire , la notte batte in ritirata portando con sé gli stendardi arancio e rosa dei primi subdoli attaccanti . La battaglia è finita ! Gli azzurri festeggiano e rapidi occupano tutto il territorio : nulla di scuro deve macchiare la loro vittoria ! E' un trionfo ... Ma la vendetta della notte cova nell'ombra : nuovo sangue scorrerà al tramonto !  

Fiore perlato

Estate...

Riflessi...

Come De Chirico

Verso St.Paul

Ombre drammatiche

A due passi dal cielo

La nuova casa di peppino

Ci sono gobbe lentissime che si susseguono dolci a vista d'occhio e dalla città lì in fondo raggiungono a piccoli balzi il paese accoccolato in alto sulla collina, circondandolo. Il sole aggredisce il paesaggio ma questo non ne soffre affatto: la violenza della luce sembra accarezzare le onde del grano e le cime degli olivi trasformandosi in placide termiche che gli astori usano per salire in volo a scandagliare il territorio. Troppo caldo fuori per le volpi o le martore a quest'ora… forse qualche topo fungerà da cibo per gli abitanti dei nidi appollaiati sopra le querce.
Dentro casa, invece, le mura spesse concedono una temperatura più mite e la luce che filtra dagli scuri accostati disegna onde curve sulla volta a botte del soffitto. L'ombra fresca, il frinire delle cicale il lento tic tac della sveglia sembrano appendere piccoli piombi alle palpebre in un onda di sonno che nemmeno il caffè post prandiale sembra sconfiggere.
“Ecco! Ho già fatto fare dei sondaggi: sul soffitto, sotto lo strato di calce, è fatto tutto di mattoni rossi intrecciati, li avete visti, no? Come quelli che ci sono nel bar in piazza... pensate che anche quello era una stalla!”
E' Peppino che sta parlando della sua casa nuova. Sta ristrutturando quella che era di sua nonna, buttando giù muri, facendo progetti, e ci illustra orgoglioso le sue idee.
“Allora: questa sarà l'entrata: vedete si riattiva la finestrella sopra la porta per dare più luce, e si entra direttamente da sotto, basta fare una scaletta per entrare in salotto.” Con la mano disegna in aria sopra vecchie ragnatele, assi sconnessi, i ganci per appendere i salumi e quella che sembra una collezione terremotata di damigiane: il vino di nonno.
Saliamo due gradini in pietra, un'altra stanza, un' altra gradazione di luce che filtra tra i vetri impolverati e gli scuri sconnessi; un pacco di vecchi libri di scuola, reggono dei quadri in bilico sul pavimento “Ricordo della tua Prima Comunione” e “ Festa di classe del'31”.
“Qui ci piazzo un televisore cinquanta pollici 3D” e con la mano scorre un muro di salnitro che la vernice bicolore testimonia fosse stata la sede di un mobile, forse una madia. “Qui faccio passare i cavi della connessione ad alta velocità e lì la stazione multimediale... le solite cose: il PC, il Media Center e tutt'attorno la casse per l'Home Teathre!” La mano si ferma sopra delle tracce che già ospitavano i tubi dell'impianto di riscaldamento messo su negli anni sessanta al posto della vecchia stufa di ghisa. I nuovi collegamenti in fibra ottica prenderanno il posto dei vecchi fili elettrici intrecciati ricoperti dalla maglia di seta e interruttori a sfioramento “intelligenti”, i commutatori di bachelite bordeaux ancora avvitati al muro.
Odore di polvere e di muffa assieme, la foto di Tardelli che esulta per il goal della finale dell'Ottantadue e alcune medagliette ricordo dell'anno santo 1950.
“Devo ancora decidere se tenere o meno quei letti...certo bisognerà metterci le mani...” Rannicchiati e semi smontate delle strutture in ferro aspettano la loro sorte...sono “mobili in attesa di giudizio”, gli stessi che solo pochi anni prima ospitavano la coppia di antenati solo recentemente scomparsi.
Entrando Peppino ha dovuto spostare una poltroncina : sui braccioli, appesa, la borsa da cui spuntano dei ferri da maglia e i bandoli di alcuni gomitoli.

Il viaggio di nozze

Il tempo estivo

Il tempo...

Luce!

L'insetto mangiacase

Il trombone di Gershwin

Era tornato dalla guerra con un trombone . Con gli stracci ai piedi, la barba lunga, la camicia strappata, dieci chili in meno ...ma con un trombone. Al paese pensavano che fosse un modo strano di tornare dall'Africa; ormai lo credevano morto; non scriveva più da due anni e non si sapeva nemmeno se l'avessero fatto prigioniero i tedeschi o gli alleati. E non lo seppero nemmeno in seguito; Rosario non fece mai parola di come avesse ottenuto quello strumento, non parlava mai della guerra; quello che contava era che era tornato e che, in quel momento, il paese non disponeva di una banda. Si mise in moto, cercò strumenti, fece delle visite a Napoli, sembrava che conoscesse tutti in quel posto. Ogni volta tornava a casa con qualcosa di diverso: un clarinetto , scambiato al mercato nero con dell'olio, una grancassa legata sul portapacchi della corriera, i piatti...marca strana “U.S.Navy”.
In men che non si dica aveva convinto i giovani del paese a imparare a leggere la musica, a perdere del tempo con lui nella sala dell'Oratorio per imparare i pezzi e a provare ore e ore per diventare una vera banda. Con la benedizione di Don Guerino erano arrivate persino delle divise e per il sette agosto del '46 era tutto pronto. Gli ottoni lucidati, la scarpe lustre, gli addobbi, il santo sulla portantina le noccioline e il mais arrostito: tutto come ai vecchi tempi! Appunto. Non che non si potesse considerare un successo...il prete era soddisfatto, la gente era venuta anche dai paesi vicini; dopo la furia distruttrice, dopo le razzie dei tedeschi, finalmente la normalità della tradizione, la tranquillità delle cose consuete la quiete...E il serpentone che si inerpicava lento sul colle con il santo benedicente e triste a portare conforto in questa “valle di lacrime” . Tutto bene dunque, non fosse stato per quel ronzio che ancora oggi a distanza di un anno, gli girava per la testa. Era stata colpa di una granata che era esplosa a poca distanza da lui: a volte era un disturbo passeggero a volte gli sembrava di sentire delle voci indistinte e distanti. Oggi però, la voce era molto più chiara e vicina...e diceva: “ che noia!” .
Rosario si girò un attimo per vedere chi aveva parlato ma nessuno poteva avergli sussurrato qualcosa all'orecchio in mezzo a quella confusione. Nel girarsi, tuttavia, aveva visto la faccia del santo particolarmente abbacchiata e...ma sarà stata un'impressione, guardava dritto verso di lui! Si girò ancora e si convinse che era più di un'impressione: il ronzio si fece all'improvviso assordante ed era come se una voce di facesse largo tra la folla dentro la sua testa per comunicare, proprio con lui.
“Me ne sto chiuso in quella teca per tutto l'anno; solo in agosto esco per prendere un po'di sole e cosa fate? “mi riempite le orecchie con queste nenie tristi e lamentose per tutto il santo giorno: sempre a lamentarvi, sempre lì a chieder conforto per questa , come la chiamate, “valle di lacrime”!.
“Valle di lacrime?!” “ Ma il boss lì nell'alto dei cieli mica vi ha fatto questo mondo perché lo chiamiate “valle di lacrime “ vero?
Cosa c'è: non vi piace?”
“Guarda laggiù , Antonio, quella volta che ai tornei organizzati per il “Sabato Fascista” prima della guerra ti sei involato sulla fascia sinistra , hai scartato di seguito tre avversari e con un tiraccio di collo pieno hai battuto il portiere infilandolo nell'angolino sinistro ti sei sentito in una valle di lacrime?!””Ti hanno portato in trionfo e il maestro ti ha regalato il libro “I bimbi d'Italia si chiaman balilla” con dedica del gerarca locale! Non ti sei sentito al settimo cielo? Va bene: poi hai giustamente scoperto che libro era ridicolo e che era buono al più per accendere il fuoco ma ...”
“E tu Giuseppe?” “Eri in una valle di lacrime quando sei riuscito a produrre le migliori olive della zona da un terreno che tutti dicevano sterile e che tu caparbio come un mulo hai saputo domare e potare a frutto?”
“Giovanni: vogliamo parlare di Maria?!” “Da quando ti aveva guardato quel giorno non eri stato più te stesso: svagato nervoso, testa tra le nuvole...sapevi che era scesa in piazza solo sentendo la scia del profumo dei suoi capelli; conoscevi ogni angolo delle curve che si muovevano sotto il vestito leggero della festa: eri completamente cotto. Non era la più bella ma sicuramente la più difficile da avere e non guardava te.” Ti sei sentito in una valle di lacrime quando ti ha detto sì?!” “hai avuto cinque minuti di difficoltà respiratorie, sei diventato rosso e non hai detto una frase di senso compiuto per un altra mezzora ma non eri in una valle di lacrime! “ E allora perché queste nenie?! E' così che si ringrazia?!”
Rosario sentì tutto, sicuramente non l'avrebbe detto a nessuno, mica voleva passare per pazzo, ma doveva fare qualcosa. E subito.
Si ricordò di certe musiche che aveva sentito quand'era prigioniero. La vita era brutta al campo ma la musica...quando provava la banda dell'esercito americano sentvi qualcosa di nuovo sotto la pelle; sentivi la voglia di muoverti e capivi perché tutti marciavano in modo diverso, quasi un ballo.
Andò a Napoli, c'erano ancora gli alleati, si sentì uno stupido ad andare in giro a canticchiare a tutti le melodie che ricordava e tutti ridevano finché uno gli disse: “It's Gershwin!”
Cercò gli spartiti, li comprò, li riadattò per la banda del paese. Convinse Don Guerino che erano inni sacri moderni “ Roba nuova! I preferiti di Monsignor Ascalesi!”
Provarono per tutto l'anno: i ragazzi erano entusiasti, e finalmente venne il 7 agosto del '47!
Come il santo uscì di chiesa in pieno sole, la banda intonò le prime note di “Rapsodia in Blu” e tutti capirono che c'era qualcosa di diverso nell'aria. Anche i ragazzi più giovani si unirono alla processione che si diresse di buon passo con decisione verso il colle. Passando davanti al cimitero era la volta di “The man I love” ( “Sia gloria a Dio” per Don Guerino ) ma il gran finale si ebbe quando la processione affrontò la tremenda salita che passa davanti alla chiesa di San Nicola prima di rientrare alla chiesa madre. Per quel tratto ripidissimo proprio quando la gente è stanca a e la processione rallenta, Rosario aveva tenuto in serbo “I've got Rithm”! Fu come un terremoto, una scossa, un'iniezione di energia. La processione arrivò sul sagrato di slancio , come Coppi sul traguardo di tappa! Si doveva assistere alla predica ma si dovettero attendere addirittura i bis: mai successo! Prima di rientrare in chiesa, Rosario guardò la faccia del santo e quella fu l'ultima volta che sentì il ronzio che gli frullava in testa da due anni; era una voce chiara e diceva “Grazie!”
Da quel giorno la banda del paese fu chiamata a tutte le cerimonie religiose e civili, matrimoni compresi. Quell'anno non risultò nessun decesso, non che non morì più nessuno, solo che sembrava fosse stato concesso un bonus fino a Natale per tutti. Salì il numero delle vocazioni, gli avvocati non ebbero lavoro in paese per un bel po' di tempo e quell'inverno fu più clemente del solito.
Il consiglio comunale del 18 settembre del'52 decretò la costruzione d'urgenza di una nuova scuola elementare per far fronte all'incremento registrato di nuovi iscritti.


Il sogno di una finestra antica

La scala per il cielo

Cardi

L'albergo